martedì 10 gennaio 2017

Un profondo cambiamento interiore

Il Lpv nella commossa testimonianza di una partecipante




Nella chiesa dell'Adorazione ho trovato un foglietto dove era scritto a grandi lettere: “vuoi imparare a pregare? Laboratorio di Preghiera e Vita".
Il titolo “laboratorio” mi ha incuriosita perché avevo sentito parlare di esercizi spirituali, scuola dì preghiera, incontri e corsi di spiritualità, ma mai di “labo­ratori”; mi sembrava una parola strana se attribuita alla preghiera.
Poi ho pensato che quella frase "Ora et labora" non significava solo “prega e lavora” in senso materiale, ma lavora e scava dentro di te ed è proprio questo che i Laboratori di Preghiera e Vita in­ segnano. L'ideatore è un frate cappuc­cino, lgnacio Larrañaga, nato in Spa­gna, che ha trascorso quasi tutta la sua vita in America Latina e avendo ri­scontrato in varie comunità la lacuna di un approccio “metodico” con la pre­ghiera, sente la necessità di guidare i credenti verso una relazione “personale” con Dio. Organizza quindi questi in­contri, tesi a formare un metodo “pratico” di preghiera. Premesso che il primo “Maestro di preghiera” è Cristo stesso, i laboratori vogliono essere un momen­to di formazione “attiva”. Si impara a pregare pregando. Il Laboratorio si svolge in quindici lezioni, una alla settimana, della du­rata di due ore; ci sono poi delle let­ture da fare a casa. Questo lavoro viene chiamato “la sacra mezz'ora”. Ogni incontro, che viene chiamato “sessione” ha una diversa finalità e diverso modo di avvicinarsi alla pre­ghiera. C'è la lettura pregata, medi­tata, la preghiera uditiva, scritta, visiva, di abbandono, di accoglienza e di eleva­zione. Mediante un intreccio di me­ditazioni, riflessioni, preghiera, canti e silenzi, si giunge ad una viva “esperienza di fede” che aiuta a superare le ansie e le tristezze fino a raggiungere la pace. Direi un po' come i “corsi di cristia­nità” che ti accompagnano ad aprire il tuo cuo­re davanti al Tabernacolo, a sentire il Suo abbraccio di Padre e a gustarlo come “Pane di Vita” nell'Eucarestia. Sia­mo solamente a metà percorso, questo laboratorio finirà infatti a metà giugno con una giornata di “deserto”.
Non posso ancora dire se porterà cambiamenti nel mio modo di pregare e di sentirmi “in simbiosi” con Dio, ma pos­so assicurarvi che non mi era mai capi­tato di “sentire” con il cuore l'angoscia di Gesù nel Getsemani e di essere quasi “protagonista” di quella triste storia. Gesù è solo, i discepoli si sono addormentati, Dio sembra averlo abbandonato, per ben tre volte chiede aiuto e conforto ai suoi discepoli, ma essi dormono: non c'è consola­zione umana. Gesù piange, prega e im­plora, poi, affidandosi al Padre, è come se dicesse basta; basta con le indecisioni, basta con le paure e le incertezze. SI COMPIA!… Ed io, nelle mie difficoltà e preoccupazioni, ripeto con piena convin­zione: FIAT!… Nelle Tue mani mi metto in silenzio e pace. Il mio cuore si rasserena e gli occhi quasi si riempiono di lacrime…
Un'altra sessione che mi ha colpito profondamente è stata quella dell’Olo­causto. E’ inutile “rimuginare” dentro di noi le cose del passato alle quali non possiamo porre rimedio. Ci facciamo solo del male perché tormentiamo il nostro animo. Allora affidiamolo al Si­gnore e dimentichiamo, portiamo la serenità nel nostro cuore. Padre, nelle Tue mani metto questa preoccupazione, mi abbandono a Te… Non è “faciloneria”, come credevo, ma mettersi sotto la so­luzione di Dio, aderire “attivamente” a Lui. Dirgli con tutto il cuore: “mi fido di Te, confido in Te, mi affido a Te…”.
Lo scopo ultimo di questo laboratorio è di raggiungere un rapporto “personale” con Dio,  vera “Pace” e se­renità nell'abbraccio del Padre in tutti i momenti della giornata. Una esperienza “concreta”, destinata a cambiare la vita.

Dinora
pubblicato su "Il Corsista" - PDF

- fonte: Testimoni di Preghiera e Vita - Firenze

lunedì 22 agosto 2011

Armonizzare la preghiera con le difficoltà della vita

Una riflessione di padre Ignacio




Si sente la gente dire: io non ho tempo per pregare...sebbene lo desideri, non ho un attimo per fermarmi... è molto difficile per tutti gli impegni che ho... è così difficile pregare... E allora che fare?
Per armonizzare la preghiera con la lotta della vita bisogna riflettere che la fede e la vita con Dio sarà un’avventura dello spirito, dove si incomincia a lasciare da parte le regole del senso comune, i calcoli delle probabilità, il bisogno di cercare spiegazioni, per entrare, attraverso il proprio mondo interiore, nel mondo della fede nuda e pura.
Sarà necessario, in primo luogo, trovare spazi di silenzio, per stare soli e guardare dentro se stessi. Sappiamo bene che non è facile, però se facciamo esercizi adeguati per calmarci e lasciare fuori il mondo esteriore, fatto di rumori e distrazioni che turbano la quiete e ci portano via la calma, staremo avanzando su questo cammino.
Inoltre se siamo fisicamente tesi è conveniente “sciogliere” queste tensioni nervose, perché producono una situazione che ci conduce in uno stato generale di allerta e agitazione. Conquistata questa condizione di pace e tranquillità, l’ultimo passo verso il mondo dello spirito è silenziare il piano mentale; questa è la cosa più difficile e decisiva. Ogni desiderio, ogni ricordo deve scomparire, come se potessimo, in un istante, cancellare una lavagna scritta. E’ questo mondo esteriore, sia fisico che mentale, quello che impedisce l’incontro fecondo con Colui che sappiamo che ci ama incondizionatamente. Fare questi esercizi di silenziamento prima di pregare è un processo cruciale per le giornate agitate di oggi, da raccomandare alla maggioranza delle persone.
Il modo di pregare che stiamo proponendo, per ottenere che la preghiera sia una preghiera profonda e trasformante, è quel genere di conversazione nella quale si parla con un amico fino all’intimità, esso ci permette di sperimentare questo rapporto di amicizia, a tu per tu con uno che sappiamo che ci ama. E’ la nostra stessa vita che andiamo confidandogli e, proprio come ad un amico, a Lui raccontiamo le nostre vicende, ci presentiamo alla presenza di Dio con tutto un carico di difficoltà e problemi.
Questo incontro con Dio mette in moto un motore generatore di forze interiori e, sotto il suo influsso, andiamo scorgendo i conflitti che ci si presentano di giorno in giorno, e andiamo riempiendoci della mansuetudine, la pazienza e l’accoglienza che abbiamo ricevuto da Lui in quel dialogo faccia a faccia. Lui ci aiuta a vedere l’essenziale e a lasciar correre senza protestare i successi che successi non sono, dandoci sempre la possibilità di optare liberamente sul come agire. Ascoltare Dio nell’intimità riempie di gioia il cuore, ci insegna a godere e ad essere grati del bello nella nostra vita.

Padre Ignacio Larrañaga
Estratto dalla pagina web Tovpil.org - Trad. ital. a cura di CN-Italia

mercoledì 13 ottobre 2010

Adoratori in Spirito e Verità




La fede ha come "contenuto" un Gesù storico, ma come i profeti lo hanno incontrato prima della sua venuta, così noi rischiamo di non incontrarlo veramente se la Parola non l’ascoltiamo anche con tutto il cuore. S.Agostino ci mette in guardia da questo pericolo: ”vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta di dentro”.  Forse quello che manca a noi cristiani di oggi è fare esperienza di Dio. Non sappiamo dialogare con Lui. Non sappiamo ascoltare nel silenzio interiore l’eco del Suo Amore che passa attraverso la Sua Parola.
Se consideriamo ”l’umanità di Cristo come luogo di contemplazione di Dio” spesso ci mancano gli strumenti pratici per accedere a questa contemplazione.
E’ in Cristo che dobbiamo attingere per comprendere la modalità. Lui insegna dove e come adorarlo. Nel misterioso dialogo con la Samaritana ci indica il dove: “...nè su questo monte, nè in Gerusalemme adorerete il Padre (…) Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e in verità”. (Giov. 4, 21-23). Ci indica anche il come: “Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto...” (Mt. 6,6).
Essere “testimoni” è una questione di autenticità: come possiamo annunziare “quello che abbiamo visto e udito” (1Giov. 1,1) se ci manca, nella nostra quotidianità, questo momento così essenziale?

Claudia e Giorgio

giovedì 7 ottobre 2010

Pregare come Gesù pregava




Colui che vuol entrare nell'intimità divina deve saper trovare nella propria giornata un momento per pregare da solo a solo con Dio. E' il tempo dell'intimità, dell'incontro con il Signore. Tale tempo dev'essere protratto di tanto in tanto più a lungo per penetrare più profondamente nella scoperta di quell'intimità che è l'espressione della comunione con Dio.
Il luogo ha poca importanza, purché l'anima trovi sufficiente pace e silenzio. E’ vero che la fede può in ogni istante del giorno metterci in contatto con Dio. Ma è indispensabile interessare alla preghiera tutto il nostro essere. E per questo è necessario, ogni tanto, sradicarlo completamente dalle sue preoccupazioni abituali per immergervelo a fondo.
Il luogo della preghiera sarà quello in cui l'anima si sentirà più libera, e l'immaginazione e l'intelligenza accetteranno più docilmente di assecondarla nella sua ricerca del Signore. Poco importa che ciò accada a casa nostra, in una cappella o in una chiesa; è sufficiente che si possa essere interamente aperti a Dio e capaci di raccogliere tutte le nostre facoltà solitamente vagabonde. Bisogna essere realmente e completamente presenti, attenti solo a Dio, senza disperdersi perché attratti dal rumore, dalle sensazioni, dalle distrazioni, dai pensieri ossessivi. Il Cristo si ritirava in un angolo tranquillo, su qualche altura, e, raramente, portava con sé i discepoli.
Molti hanno dei pregiudizi contro questo ritiro dall'attività ordinaria e dalle strade degli uomini. Essi pensano che una preghiera di tal genere non sia fatta nelle condizioni reali... Pensano che si deve pregare dappertutto. E’ vero, si deve pregare dappertutto; ma coloro che parlano così e agiscono di conseguenza rischiano spesso di non pregare da nessuna parte.
Bisogna scendere a una grande profondità in sé e in Dio perché Dio si manifesti a noi in tutte le nostre attività. Bisogna scavare in profondità per trovare sorgenti tanto abbondanti che possano irrigare tutta la nostra esistenza. Le due dimensioni sono sempre complementari. Affinché tutti i nostri atti diventino preghiera, bisogna aver messo la nostra anima in contatto con il Cristo e con tutti gli altri a grande profondità. Ora, nelle condizioni normali dell'esistenza, ciò suppone un provvisorio abbandono del flusso delle cose umane per discendere nella corrente più profonda che le anima.
C'è una forma di preghiera che la preghiera comune non può rimpiazzare. Nostro Signore, è vero, disse che se due o più son riuniti nel suo nome egli è in mezzo a loro. Ha pregato insieme      ai suoi  discepoli, li ha fatti partecipare alla santa liturgia del suo sacrificio. Ma si è anche ritirato a pregare solo e ha insegnato ai suoi a comportarsi egualmente. La preghiera della comunità cristiana prende tutta la sua forza dall'unione con il Dio della Chiesa e dei cristiani che la costituiscono. Se si dimentica ciò, si ricade in un formalismo che darebbe alla comunità in quanto tale una specie di potere sacramentale. Come è la presenza sacramentale ed ecclesiale di Cristo che dà profondità alla liturgia comunitaria, così, salve le proporzioni, è la profondità d'unione delle anime alla Chiesa e a Dio, cioè a Dio nella e attraverso la Chiesa, che fa il valore della preghiera comunitaria. E' difficile tenere un giusto equilibrio nell'apprezzamento del valore rispettivo della preghiera comunitaria e della preghiera solitaria. Sotto l'effetto di una pressione del momento, molte anime s'allontanano dalla ricerca personale di Dio. E tuttavia è fra Dio e ogni singola anima che si decide la sorte personale di ciascuno. È ad ogni anima che il Signore pone anche oggi la domanda decisiva: « Credi tu? Mi ami tu? »
In realtà, non c'è nessuna differenza tra le due preghiere, poiché l'una e l'altra hanno Dio per oggetto definitivo. I due itinerari sono differenti, si esprimono in modo diverso, ma presto si ricongiungono ed entrambi portano a Dio. D'altro canto, proprio nella solitudine il contemplativo scopre il suo legame più intimo con i fratelli, e proprio la preghiera comunitaria gli deve far riscoprire la sua relazione personale con Dio.
Chi si sente portato alla preghiera solitaria non abbia vergogna, segua il consiglio del Signore, si ritiri nella sua camera e chiuda la porta per conversare da solo a solo con il Padre. Bisogna entrare nella solitudine della preghiera con la certezza che trovando Dio troveremo un amore più grande per i fratelli. Noi li abbandoniamo per ritrovarli più profondamente in Dio e in loro stessi. Dio trae a sé nella solitudine chi lo ama sino a che la sua anima si sia formata. L'uomo ha bisogno di solitudine per trovare se stesso e per svilupparsi. Altrimenti resta un bambino che ha paura d'essere lasciato a se stesso. 
“Quando vuoi pregare, entra nella tua camera, chiudi la porta…”; là troverai il tuo Dio e ritornerai ai tuoi fratelli col volto risplendente di luce divina.”

Coordinamento Nazionale TOV Italia